Che poi quando impari a parlare delle cose arriva subito la domanda sul limite. Sul filtro. Dove ti devi fermare?
Che tu mica l’hai capito, quanto sia opportuno dire.
E allora vorresti scrivere a chiunque, vorresti dire di tutti i sogni lucidi e di tutti i risvegli impastati.
Vorresti dire di tutte quelle cose rimaste lí in gola ad aspettare, rimaste immobili e indecise – che non sanno se salire o scendere.
Vorresti dire di tutte quelle notti che solo tu ricordi, vorresti dire che fanculo non è mica giusto trasportarti il peso da sola.
Vorresti dire che adesso la affronti anche tu, sta situazione.
Che mi frega un cazzo se non vuoi sentire.
Vorresti dire di interpretazioni e io nascosti, vorresti dire che sto parco mó ci fa insieme da scenario e da condanna.
Vorresti dire che ci sarebbe ancora tanta pelle da esplorare e mani da intrecciare e vestiti da slacciare.
Che ci sarebbe un attimo di caldo dentro a sto vento freschino che soffia da giorni, un attimo di caldo e vapore.
Vorresti dire di venerdí da nascondere. Di lingue e zenzero. Di finestre da evitare. E giocattoli da calpestare. E sguardi da incrociare. E Nick Cave da capire. E ponti da bruciare. E buio da sovrastare. E colpe da espiare. E albe rosse da uccidere.
E notti da dimenticare.
Questo vorresti dire.
Quindi ti tenevo la mano e pensavo che quella era la nuova vita. Tenevo per mano la mia nuova vita.
Cosí pensavo mentre dormivo, analisi dei sogni in un trip ricorsivo.
E la mano era il simbolo, come quella volta all’uscita dal locale nel freddo – con troppa vodka negli occhi e troppe mani sui fianchi.
Come la notte, quella notte che mi hai stretto da fare male e il collo e gli scheletri e let me smoke another cigarette before I make a move.
Come la notte che discendeva il paese, rotolando avvolta nelle stradine profonde e distorte.
La notte di arcobaleni di luce e musica di merda.
La notte dell’acqua che scorre e la notte del domani dimenticheremo.
Mi butto su un divano a guardare le luci appannate dei fari dei taxi.
La notte che non deve finire.
Cosí pensavo mentre dormivo.
E l’attimo prima del risveglio – beh nell’attimo prima del risveglio la mano viene lasciata.
Non so se tu o io.
La mano viene lasciata e mentre dormo penso al perché.
La fine della notte prima della vita reale.
Che apro gli occhi e la delusione.
Questo vorresti dire.